giovedì 4 gennaio 2018

Sacchetti bio, la polemica dai social ai punti vendita. Parlano i gestori sardi

“Oggi una signora si è rifiutata di acquistare il formaggio grattugiato per non pagare il contenitore da due ctesimi”. Dopo aver invaso i social network, la polemica sul costo obbligatorio dei sacchetti biodegradabili per frutta, verdura, pane e formaggi, rimbalza fino ai punti vendita. In questo caso il Conad Superstore di via dei Valenzani a Cagliari, uno degli ipermercati più grossi e frequentati del capoluogo sardo. Per fortuna, racconta all’ANSA il direttore Carlo Argiolas, “ci sono anche tanti clienti che ragionano”. Per esempio, spiega, “ho sentito una madre chiedere alla figlia di apporre l’etichetta con il peso e il prezzo della merce all’altezza del nodo, così da poter tagliare quella parte del sacchetto e riutilizzarlo per la raccolta dell’umido”. L’etichetta, infatti, non è biodegradabile, ma, aggiunge Argiolas, “come Conad ci stiamo lavorando, ed entro un mese contiamo di risolvere anche questo problema”. “Fino al 31 dicembre – continua – i consumatori abusavano dei sacchetti: acchiappavano il rotolo, ne sfilavano sino a dieci per poi usarne due o tre. Gli altri restavano nel carrello e si disperdevano all’esterno”. Dall’1 gennaio una legge nazionale, che recepisce una direttiva europea, definisce nuovi standard: oltreché biodegradabili, le buste dovranno essere a pagamento con il prezzo riscontrabile nello scontrino. Un contributo variabile da 1 a 5 centesimi che non è andato giù ai consumatori. Gli italiani, sardi compresi, si sono lasciati andare a tweet e post su Facebook infuocati.

“Noi paghiamo le buste 5 centesimi e le rivendiamo a 2 – sottolinea ancora il direttore di Conad – per un cliente medio che fa la spesa tre volte alla settimana il costo si aggira intorno ai 12 euro l’anno”. Ha una posizione simile Simone Cau, direttore del punto vendita di un’altra catena importante, il Super Pan. “Forse i nostri clienti sono particolarmente agiati – dice – fatto sta che qui nessuno si è lamentato, sono certo che il fattore costo sarà metabolizzato molto presto”. Il provvedimento è sacrosanto per il presidente di Confcommercio Sardegna, Alberto Bertolotti. “Qualunque azione tesa a indirizzare la comunità verso un atteggiamento responsabile verso l’ambiente è da promuovere – chiarisce subito – anche se ciò comporta un piccolo costo”. Poi, a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, “la nuova norma incentiva a una spesa a chilometro zero, visto che gli esercizi del vicinato non hanno nessun obbligo”, precisa Bertolotti. Per Vincenzo Tiana di Legambiente Sardegna, la decisione è “ovviamente giusta, ognuno deve fare la propria parte e il sacchetto bio rappresenta un modo per ridurre l’inquinamento della plastica in mare: nel Mediterraneo è un problema enorme, alcune ricerche dimostrano che la plastica è entrata nella catena alimentare”. “Quello dei sacchetti bio per avvolgere alimenti è solo un fuoco di paglia – avverte il presidente di Aduc, l’Associazione diritti utenti e consumatori, Vincenzo Donvito. “Capisco il disorientamento – dichiara poi la deputata uscente del Pd, Giovanna Sanna – circolano molte informazioni inesatte: da sempre paghiamo in modo invisibile gli imballaggi dei prodotti alimentari che acquistiamo ogni giorno, la differenza è che dall’1 gennaio il prezzo di vendita del sacchetto bio è visibile e presente sullo scontrino, a garanzia di trasparenza per il consumatore”. (Roberto Murgia, Ansa)

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