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– “Per determinare il cambiamento dobbiamo avere il coraggio di percorrere percorsi innovativi, e la Slow Medicine è uno di questi”. A parlare è l’assessore regionale alla Salute, Luigi Benedetto Arru, che questo pomeriggio ha partecipato al convegno “Appropriatezza prescrittiva nell’imaging e nel laboratorio”, organizzato dalla Asl di Olbia.“Dobbiamo aprirci al dialogo e sentirci tutti parte di questo cambiamento: il sistema sanitario è fatto di professionisti e noi dobbiamo esser convinti di guidare questo cambiamento, altrimenti non avremo mai la forza di cambiare”, ha detto l’assessore Arru, rivolgendosi ad oltre duecento operatori sanitari, riuniti al Museo Archeologico per la giornata di formazione organizzata dal Dipartimento dei Servizi diagnostici e dal Laboratorio analisi della Asl di Olbia.
La Regione Sardegna ha siglato a giugno 2015 un protocollo d’intesa con Slow Medicine per promuovere per l’avvio, negli ospedali e nelle organizzazioni territoriali, di iniziative finalizzate alla promozione della salute, con particolare riferimento ai principi di Slow medicine (una medicina più sobria, giusta e rispettosa), che saranno di supporto anche nello sviluppo dei programmi regionali e locali.
“Fare di più non sempre significa fare meglio, soprattutto per la salute dei pazienti ma anche per la sostenibilità economica e ambientale”, ha dettoSandra Vernero, presidente dell’associazione SLOW MEDICINE che ha invitato la platea degli operatori gallurese ad aderire alla slow medicine. “La nostra idea”, ha detto, “è quella di lavorare tutti insieme per raggiungere un cambiamento culturale”.
Si è tenuto nella giornata odierna il secondo appuntamento organizzato a novembre dalla Asl di Olbia sull’appropriatezza prescrittiva che oggi ha focalizzato l’attenzione sulle nuove indagini strumentali e sui nuovi test laboratoristici, attraverso la divulgazione delle linee guida dell’iter diagnostico, confrontandolo con l’appropriatezza prescrittiva assunta in un ottica di razionalizzazione ed ottimizzazione delle risorse.
“I dati a nostra disposizione dimostrano come in Italia percentuali rilevanti di esami, che vanno dal 20 al 40%, vengono richiesti inappropriatamente, ovvero senza corrette motivazioni o senza effettiva utilità per il paziente. Ma se e’ vero che la diagnostica di laboratorio e della diagnostica per immagini assumono un ruolo rilevante nei percorsi diagnostici, essi non possono essere più che complementare alla valutazione clinica, che è, e deve rimanere, l’atto centrale e imprescindibile dell’approccio al paziente”, ha detto Vincenzo Bifulco, Direttore del reparto di Radiologia dell’ospedale Giovanni Paolo II di Olbia e organizzatore della giornata di formazione.