«Più
educazione agroalimentare per la Sardegna»
Durante il convegno di ManosinPasta 2015 è emersa la convinzione che i
cereali possano diventare il petrolio del futuro, ma occorre un’adeguata
formazione per i giovani e una rinnovata capacità di fare sistema.
I cereali possono diventare il petrolio del futuro, ma occorre
riscoprire una cultura profonda dell’agroalimentare e creare una sinergia tra
tutti gli i componenti della filiera. È questo il messaggio lanciato da
imprenditori, politici, esperti del settore, associazioni e confraternite
durante il convegno “Strategie di sviluppo su un territorio ad alta vocazione
agroalimentare”, tenutosi a Thiesi in
occasione della terza edizione di ManosinPasta.
Nel
piazzale dell’asilo infantile San Michele, l’incontro moderato da Tommaso
Sussarello è stato un viaggio profondo nell’universo imprenditoriale che,
partendo dal vivace contesto del Meilogu ha finito per abbracciare l’economia
dell’intera Isola, senza trascurare gli aspetti delicati dell’esportazione.
«Non
si può più parlare di sovranità senza parlare di sovranità alimentare», ha
affermato Sussarello nell’introdurre il dibattito. È stato l’imprenditore
Enrico Lepori a paragonare i nostri cereali all’oro nero: «Il clima sardo non è
favorevole alla formazione di micotossine nel grano, presenti in moltissimi
prodotti a causa delle condizioni di ammasso e dallo spostamento delle merci. È
una garanzia che può farci fare la differenza».
Agricoltura e turismo sono le due colonne sulle quali far decollare
l’economia dell’Isola. Secondo Luigi Lotto, presidente della commissione
regionale Agricoltura, occorre costruire capacità di aggregare, partendo da chi
produce il grano fino a chi consuma la pasta. Per l’esponente del Pd è
necessario invertire alcune tendenze fortemente radicate, ancor prima di
pensare all’esportazione: «Quasi tutti i prodotti che mangiamo in Sardegna sono
importati e non siamo riusciti a creare un sistema agroalimentare che sappia
coinvolgere il consumo da parte dei turisti».
Pier
Luigi Pinna, presidente di Confindustria, ha invitato a non estremizzare il
concetto filiera, circoscrivendolo all’ambito della trasformazione di sole
materie prime locali. «In tal modo – ha detto Pinna – si potrebbero creare
forti limitazioni e si rischia di contribuire a un ulteriore impoverimento
delle aziende. Ciò che conta di un prodotto sardo è soprattutto “il saper
fare”, la capacità di realizzare un prodotto di qualità».
Gian
Mario Senes, sindaco di Bonorva e presidente del Gal, ha ribadito l’importanza
di mettere al centro le imprese in un dialogo costante con le istituzioni:
«Senza imprese questo territorio non ha futuro, per la programmazione degli
anni a venire occorre finanziare interventi che fanno sistema».
Tutti
d’accordo sulla necessità di una rinnovata educazione agroalimentare.
Tradizione e innovazione devono andare di pari passo, e per farlo si deve
partire dai più piccoli. «In Sardegna manca una dignitosa cultura della nutrizione
– ha affermato Rossana Arru, dirigente dell’Istituto Pellegrini di Sassari –.
Solo con una formazione adeguata sarà possibile creare un’imprenditoria
giovanile che permetta di fare il salto di qualità nel settore». Secondo Arru
le nostre scuole non preparano completamente al lavoro e l’università è un
percorso lungo e complicato: «Il nostro progetto è costruire un biennio di
specializzazione nel tecnico superiore, una sorta di politecnico per chi voglia
immettersi direttamente nel mondo del lavoro con valide competenze. In tutta
Europa sta dando ottimi risultati».
Sullo
stesso piano lo chef Mario Amati, che ha ampliato il concetto: «Prima che a
scuola, l’educazione deve partire dalla famiglia abituando i bambini a
consumare prodotti genuini». Ma le famiglie saranno ancora capaci di educare i
figli verso una sana alimentazione? Significativo l’appello di Giovanni
Fancello e Gilberto Arru, ai quali è stato assegnato il Premio giornalistico
ManosinPasta 2015, sostenuto e promosso dal pastificio Tanda&Spada per
valorizzare la forte vocazione agroalimentare del territorio: «Fino agli anni
‘50 noi sardi avevamo una grande cultura gastronomica che affondava le proprie
radici in quella greco-romana. Non dobbiamo abbandonarla così dandola in pasto
al consumismo».
…
Salvatore
Taras
ufficio
stampa e comunicazione
3287357589