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Nel corso della normale attività di controllo lungo la filiera della pesca, questa mattina
personale dipendente dalla Capitaneria di Porto di Olbia ha concentrato la propria attenzione
sugli esercizi di ristorazione della zona Sud della città.
Il risultato è stato quanto mai clamoroso: nel 100% dei casi, ovvero in tre ristoranti su tre, è
stata rinvenuta polpa di riccio (paracentrotus lividus) di provenienza illecita, frutto cioè di
pesca illegale e, pertanto, non tracciata né tracciabile, secondo le normative in vigore, per un
totale di 1 chilo e 600 grammi. In uno degli esercizi è stato trovato anche oltre 1 chilo e
700 grammi di arselle, viziate dalla stessa illecita provenienza.
E’ così scatta la verbalizzazione a carico dei titolari degli esercizi, per un totale di 4.500
Euro, con relativo sequestro, la cui convalida, è stata richiesta al Comune, competente ad
irrogare le sanzioni in materia di tracciabilità.
Com’è noto, il riccio di mare è prodotto alquanto ricercato sul mercato e, in particolare nei
periodi prossimi alle principali festività, diviene oggetto di una pesca intensa quando non
dissennata.
Il suo “confezionamento” e la sua conservazione, peraltro, come dimostrano le fotografie
tratte durante i controlli, spesso sono alquanto discutibili e certamente non in grado di
garantire commestibilità e genuinità del prodotto.
Senza contare il danno procurato ai pescatori professionisti in regola, che dalla sleale
concorrenza ad opera degli “abusivi” ricevono un evidente danno.
L’attività che le Capitaneria di Porto e le Autorità di polizia e sanitarie svolgono al riguardo
della pesca illegale è incessante e, laddove non sia possibile risalire agli autori materiali
della pesca illecita, non resta che sanzionare gli acquirenti ed i detentori. Con importi che,
stabiliti per legge, come si vede possono arrivare ad essere di rilevante entità.
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