Giuseppe Carboni, Vittima dell'Amianto, ha vinto contro la RFI, società delle Ferrovie dello Stato, che negava le proprie responsabilità rispetto ai danni da lui subìti a causa delll'amianto respirato nei luoghi di lavoro in cui aveva prestato la propria opera.
E' durata oltre dieci anni la lotta del nostro caro socio Giuseppe, non ha desistito e ha vinto!
Certo, questa vittoria non gli restituirà la salute perduta né il tempo vissuto nell'ansia alla ricerca di Giustizia, tuttavia la sua forza, e la bella famiglia che lo ha sostenuto in questi difficili anni, sono per noi un bell'esempio! Grazie!
A chi scrive rimane tuttavia il sapore amaro della consapevolezza che non tutti gli ex e attuali esposti e le vittime dell'amianto, e i familiari di questi, avranno la stessa tenacia e forza, anche economica, per affrontare una così lunga vertenza, sebbene si trovino ampiamente dalla parte della ragione.
Di questo dovrebbe esserne consapevole chi in Parlamento e al Governo di questo nostro meraviglioso Paese appare non essersi dimenticato della enorme sofferenza subìta dai lavoratori a causa dell'amianto.
La prossima legge di stabilità è una formidabile occasione che Governo e Parlamento hanno per manifestare concretamente la vicinanza della Repubblica, quella fondata sul lavoro salubre e svolto in sicurezza, nei confronti dei lavoratori esposti e vittime dell'amianto.
Ce lo aspettiamo.
Salute e buon vento a tutti!
tore garau
in allegato l'articolo sulla vittoria di Giuseppe, apparso ieri 18/10/2016 sulle pagine dell'Unione Sarda
e di seguito due stralci della sentenza di Cassazione Civile, Sez. Lav., 06 novembre 2015, n. 22710 -
Amianto: la sua pericolosità era conosciuta fin dal secolo scorso. Mancato assolvimento della prova liberatoria da parte della datrice di lavoro
[..] Infatti si è rimarcato che "la pericolosità della lavorazione dell'amianto era nota da epoca ben anteriore all'inizio del rapporto di lavoro de quo. Già il R.D. 14 giugno 1909 n. 442 che approvava il regolamento per il T.U. della legge per il lavoro delle donne e dei fanciulli, all'art. 29, tabella B, n. 12, includeva la filatura e tessitura dell'amianto tra i lavori insalubri o pericolosi nei quali l'applicazione delle donne minorenni e dei fanciulli era vietata o sottoposta a speciali cautele, con una specifica previsione dei locali ove non era assicurato il pronto allontanamento del pulviscolo. Analoghe disposizioni dettava il regolamento per l'esecuzione della legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli, emanato con D.Lgt. 6 agosto 1916, n. 1136, art. 36, tabella B, n. 13 e il R.D. 7 agosto 1936, n. 1720 che approvava le tabelle indicanti i lavori per i quali era vietata l'occupazione dei fanciulli e delle donne minorenni, prevedeva alla tabella B i lavori pericolosi, faticosi ed insalubri in cui era consentita l'occupazione delle donne minorenni e dei fanciulli, subordinatamente all'osservanza di speciali cautele e condizioni e, tra questi, al n. 5, la lavorazione dell'amianto, limitatamente alle operazioni di mescola, filatura e tessitura. Lo stessoR.D. 14 aprile 1927, n. 530, tra gli altri agli artt. 10, 16, e 17, conteneva diffuse disposizioni relative alla aerazione dei luoghi di lavoro, soprattutto in presenza di lavorazioni tossiche. D'altro canto l'asbestosi, malattia provocata da inalazione da amianto, era conosciuta fin dai primi del 900 e fu inserita tra le malattie professionali con la L. 12 aprile 1943 n. 455. In epoca più recente, oltre alla Legge Delega 12 febbraio 1955, n. 52, che, all'art. 1, lett. F, prevedeva di ampliare il campo della tutela, al D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303 e alle visite previste dal D.P.R. 20 marzo 1956 n. 648, si. deve ricordare il regolamento 21 luglio 1960, n. 1169 ove all'art. 1 si prevede, specificamente, che la presenza dell'amianto nei materiali di lavorazione possa dar luogo, avuto riguardo alle condizioni delle lavorazioni, ad inalazione di polvere di silice libera o di amianto tale da determinare il rischio; si può, infine, ricordare che il premio supplementare stabilito dal T.U. n. 1124 del 1965, art. 153 per le lavorazioni di cui all'allegato n. 6, presupponeva un grado di concentrazione di agenti patogeni superiore a determinati valori minimi.[...]
[...]Si imponeva, quindi, il concreto accertamento della adozione di misure idonee a ridurre il rischio connaturale all'impiego di materiale contenente amianto, in relazione alla norma di chiusura di cui all'art. 2087 c.c. ed al D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, art. 21 ove si stabilisce che nei lavori che danno normalmente luogo alla formazione di polveri di qualunque specie, il datore di lavoro è tenuto ad adottare provvedimenti atti ad impedire o ridurre, per quanto è possibile, lo sviluppo e la diffusione nell'ambiente di lavoro" soggiungendo che "le misure da adottare a tal fine devono tenere conto della natura delle polveri e della loro concentrazione", cioè devono avere caratteristiche adeguate alla pericolosità delle polveri. Devono altresì esser tenute presenti altre norme dello stesso D.P.R. n. 303 ove si disciplina il dovere del datore di lavoro di evitare il contatto dei lavoratori con polveri nocive: così l’art. 9, che prevede il ricambio d'aria, l’art. 15, che impone di ridurre al minimo il sollevamento di polvere nell'ambiente mediante aspiratori, l'art. 18, che proibisce l'accumulo delle sostanze nocive, l'art.19, che impone di adibire locali separati per le lavorazioni insalubri, l'art. 20, che difende l'aria dagli inquinamenti con prodotti nocivi specificamente mediante l'uso di aspiratori, l'art. 25, che prescrive, quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell'atmosfera, che i lavoratori siano forniti di apparecchi di protezione". [...]
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