venerdì 31 luglio 2020

LA CARENZA DI ORGANICI ALLA BASE DELLE AGGRESSIONI IN OSPEDALE



Ho sperato di non dovermi più occupare di aggressioni contro gli Operatori Sanitari, ma purtroppo i fatti mi danno torto. Da tempo registriamo continue lamentele da parte dell’utenza per la ritardata riapertura di tutti i servizi diagnostici e ambulatoriali. Questo clima di assoluta insoddisfazione purtroppo genera situazione difficilmente gestibili. Per questo motivo si fa appello all’assessore regionale alla Sanità e ai dirigenti delle ASSL locali e delle Aziende sanitarie, affinché ci si adoperi per superare il cronico stato di carenza di organici e di attrezzature diagnostiche spesso obsolete nelle varie strutture ospedaliere.
Le nuove norme anti Covid, che richiedono particolari procedure di sanificazione, con dispendio di tempo, hanno ulteriormente penalizzato l’utenza che si è vista aumentare le liste d’attesa e procrastinando a tempo indefinito alcuni servizi diagnostici, spesso non ritenuti urgenti.
E’ di pochi giorni fa l’ultimo episodio segnalato e riguarda Medici ed Infermieri del Pronto soccorso del Santissima Annunziata di Sassari. Ormai gli episodi sono talmente gravi che oltre alle aggressioni verbali si è arrivati ai danni fisici. Con evidenti risvolti psicologici per gli operatori sanitari.
L’affollamento nell’accettazione dei pazienti al triage genera spesso situazioni spiacevoli e lo scontro verbale è ormai divenuto routine, tanto che spesso, anche quelli più violenti non vengono neppure segnalati.  Le mancate denunce sono dovute al particolare senso di responsabilità del personale sanitario, che avendo una formazione specifica, interpreta lo stato psicologico dei pazienti, ma ancor più degli accompagnatori, rendendosi conto del forte stress dovuto alle lunghe attese.
Nel periodo di Emergenza COVID con il lockdown, l’accesso al Pronto Soccorso si era notevolmente ridotto per la paura di contrarre il virus, ma soprattutto non si consentiva la presenza dei parenti per il contingentamento dovuto alle restrizione dettate dalle norme anti Coronavirus, questo aveva ridotto sensibilmente le aggressioni, anche perché i principali protagonisti di questi episodi sono parenti e accompagnatori che si spazientiscono più delle stesse vittime che invece focalizzano la loro attenzione sulla patologia in corso. 
Nicola Addis
Presidente dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri della Provincia di Sassari



mercoledì 22 luglio 2020

FESTA DELLA SANTA PATRONA


E’ stata definita la giornata dedicata alla santa patrona per  mercoledi 22 luglio . Il simulacro di Santa Maria Maddalena attraverserà le vie della città a bordo di un mezzo della Protezione civile per diffondere un messaggio di speranza, vicinanza e benedizione
alla comunità. Il corteo sarà aperto dal vescovo Mons. Sanguinetti, la popolazione sarà rappresentata dalle autorità civili e militari con le macchine di rappresentanza. La processione partirà alle h.19.45 e seguirà il seguente percorso: Corso Vittorio Emmanuele , via Oberdan, Cala Gavetta, via Fabio Filzi, via Giulio Cesare , via Domenico Millelire, via Isola Budelli, via Giulio Cesare, via Fabio Filzi, via Oberdan, via Amendola, via Principe Amedeo, via Aldo Moro, via Indipendenza, via Cellini, via Vespucci, via Isuledda, via Cala Chiesa, via Amm. Mirabello, via Amm. Magnaghi, v. Balbo, via Sr. Gotteland, via De Amicis, campo sportivo “Pietro Secci”. Gli abitanti delle vie sopracitate sono pregati di addobbare le finestre e le terrazze in segno di festa e accoglienza. Chi vuole partecipare alla S. Messa è invitato a recarsi al campo sportivo dalle h.20.00. Ci sono quasi 1000posti disponibili in pieno rispetto delle regole di distanziamento sociale. La santa raggiungerà il luogo della celebrazione verso le h.21.00. Sarà accolta dai fedeli già presenti e portata a spalle dal comitato dei Festeggiamenti verso altare. La S. Messa inizierà alle ore 21.30. peone

martedì 21 luglio 2020


Prosegue a vele spiegate la vertenza sanità in Gallura, cominciata un anno fa in conferenza socio sanitaria per denunciare la difficile e oramai drammatica situazione in cui versa la sanità pubblica nel Nord Sardegna. La vertenza oramai portata avanti a 360 ° dalle comunità territoriali, coinvolge e vede protagonisti  adesso tutti gli attori in causa, in ogni ambito politico e sociale. Dopo il consiglio comunale olbiese in cui i primari dei reparti dei tre nosocomi pubblici galluresi, hanno messo in luce il dramma di una situazione oramai pericolosa e pronta a esplodere, che non garantisce più la sicurezza sanitaria ai cittadini, alla presenza del sindaco di Olbia, del presidente della conferenza socio sanitaria Antonio Satta, di Roberto Li Gioi, consigliere regionale m5s, di vari esponenti politici regionali, si è tenuto un flash mob sincronizzato  davanti ai tre ospedali pubblici del territorio. Il flash mob, un minuto di silenzio in difesa della sanità gallurese, organizzato dai sanitari, nonostante la poca pubblicità,è nonostante il sospetto di strumentalizzazione politica, ha visto una buona partecipazione di cittadini, comitati, associazioni, in ognuno dei tre presidi. Alle 19 del giorno X, per l’appunto, la manifestazione di protesta senza colore politico si è triplicata ed è andata in scena, anche negli ospedali di Tempio e La Maddalena con in prima linea tutti i cittadini, i comitati e le associazioni che da tempo combattono e denunciano la situazione,  da Lia Salvi con la sua associazione Insieme per il Domani,  a Emanuela Cauli presente con i membri del comitato cittadino Isola di La Maddalenal’, ed infine  Aldo Pireddu.  L'importanza della causa comune pare sia riuscita a tenere unito almeno in questo frangente un territorio come quello gallurese da sempre incline ai campanilismi, ma in continua crescita demografica e certamente bisognoso di più attenzione e risorse dalla classe politica  rispetto a quello che riceve. La speranza di tutti è che queste istanze siano finalmente recepite dalla maggioranza in giunta, e che le risposte e le soluzioni arrivino prima che sia troppo tardi.peone

mercoledì 8 luglio 2020

I PRIMI “40” ANNI IN …… PANDEMIA!!!!



I  nativi e i residenti della classe 1980 dell’isola più bella del Mondo: La Maddalena, hanno  organizzata la festa dei “Quarantenni” e con grande entusiasmo hanno partecipato alla cena presso “La locanda del Mirto”, una location incantevole situata fuori dal centro abitato, percorrendo la strada della panoramica in direzione Spalmatore, circondata dai semplici profumi della macchia mediterranea.
Sono stati i loro primi “40” festeggiati in un periodo anomalo, con la presenza di un virus nemico, il Covid-19, che dall’inizio dell’anno nuovo ha portato tanta paura, sconforto e morte in tutto il mondo. Adesso c’è la voglia di ricominciare a sorridere e di riprendere gradualmente la vita, le abitudini, il nostro quotidiano.<<  Ecco perché- afferma Sara De Santis - abbiamo deciso di Ri-vederci, di Ri-conoscerci ma soprattutto di dedicarci una serata tutta per noi, dove gli unici protagonisti siamo semplicemente “Noi”, una generazione che cresce, si responsabilizza e nello stesso tempo non smette mai divertirsi…>> E aggiunge riferita al Paolo Merlo << Siamo sempre i famosi “40”, nati la maggior presso l’ospedale “Paolo Merlo”, il “nostro” spedale isolano, che nel 1980 era all’avanguardia e registrava nascite cospicue. Speriamo che ritorni nuovamente in forza e in funzione in tutto il suo operato per la cittadinanza maddalenina. >>
La Classe 1980, ringrazia a tutti i partecipanti e rinnova gli appuntamenti futuri nei prossimi mesi, dove verranno sponsorizzati attraverso i social network ( Facebook e WthasApp ). Come sempre l’invito è esteso a tutti, in particolare ai tanti isolani che, per motivi lavorativi o famigliari vivono fuori dall’isola, ma durante i mesi estivi ritornano a fare visita ai propri parenti. <<Un ringraziamento particolare- termina De Santis va a Rosalba Spinelli, Emiliano Carta, Mario Tinteri e Adriano Greco per l’organizzazione perfetta e dettagliata dell’evento e poi a tutti noi: il numero “40”, il numero perfetto!!!!!!!!!!>> peone
Da sinistra verso destra : ANTONELLA FUSTO, MARIAROSA DONGU, MANUELA SIAS, MANUELA PISCHE, LAURA PORCU, ANNA GALLERI, FABIANA FRIGERI, LOREDANA SAVU,BRUNO CUNEO, LAURA MANAI, ROSALBA SATTA, ROSALBA SPINELLI, ADRIANO GRECO, ANGELO PIERETTI, MAURO BITTU, EMILIANO CARTA, MARIO TINTERI, ENZO FILINESI, CARMINE DESSI’ NICO FILIPPINI, FEDERICA CARIA, SARA DE SANTIS, GLORIA PAIS,VINCENZO DEL GIUDICE, ROBERTO CUNEO, FRANCESCO RAZZATU, PIERLUIGI CHELO, DOMENICO ACCIARO, ANDREA PIRTU,PIER MICHELE SECHI

lunedì 6 luglio 2020

dreanieddu

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L'ULTIMO PIZZAIOLO
L’omaggio al cinema perduto inaugura a La Maddalena il Festival “La Valigia dell’Attore”.

Nell’anno Covid, in cui le sale cinematografiche sono state chiuse e adesso faticano a riaprire, si apre la diciassettesima edizione della manifestazione diretta da Giovanna Gravina Volonté e Fabio Canu con un tributo appassionato al cinema, ai sogni di celluloide e ai “pizzaioli”: i proiezionisti che sono stati sacerdoti di un rito laico e immaginifico, alimentando per decenni le storie destinate al grande schermo.

LA VALIGIA DELL’ATTORE fa parte del circuito di festival interdipendenti “Le isole del cinema”: https://www.leisoledelcinema.com/
Testo alternativo
Buio in sala. La vecchia espressione, preludio di emozione sul grande schermo, adesso ha un sapore amaro. I cinema di una volta non ci sono più, le monosale appartengono al ricordo di spettatori con i capelli bianchi. Ultimo e terribile banco di prova, l’anno pandemico: per la prima volta sono state chiuse simultaneamente tutte le sale cinematografiche italiane, e meno della metà sono finalmente riuscite a riaprire. Un film celebra quegli immaginifici templi del cinema: lunedì 27 luglio, alle ore 21.15 a La Maddalena (Fortezza I Colmi) “L’ultimo pizzaiolo” inaugura l’edizione 2020 del Festival “La Valigia dell’Attore”, manifestazione diretta da Giovanna Gravina Volonté e Fabio Canu, in programma fino al primo agosto.

Scritto e diretto da Sergio Naitza, prodotto da Karel (col contributo di Fondazione di Sardegna, la collaborazione della Società Umanitaria-Cineteca Sarda e Arionline, il sostegno di Fondazione Sardegna Film Commission), “L’ultimo pizzaiolo” racconta un pezzo di memoria collettiva attraverso le sale cinematografiche della Sardegna chiuse, abbandonate e decadenti: per immortalare questi luoghi prima che vengano definitivamente cancellati dal profilo urbano di città e paesi. Nessuna elegia del cinema, però: "L'ultimo pizzaiolo" vuole solo difendere una memoria pubblica e privata che appartiene a tutti, restituire il racconto di un "come eravamo" piuttosto recente, che si riverbera nella storia sociale, economica e culturale, e che merita di non essere coperto dall'oblio. Anche dopo il fatidico cartello "Fine" o "The end".

La proiezione al Festival “La Valigia dell’Attore” sarà introdotta dal regista, Sergio Naitza, con uno dei protagonisti del film, Pino Boi, l’ultimo storico distributore di pellicole e cagliaritano verace. Il padre era proiezionista e rumorista già ai tempi del muto nel cinema Olympia del capoluogo sardo, e Pino Boi, oltre a seguire le orme paterne poi abbandonate, è stato fattorino, magazziniere, distributore: una vita in mezzo alla pellicola. Ne “L’ultimo pizzaiolo” alla sua voce si intrecciano quelle di altri anziani proiezionisti: tre “pizzaioli”, appunto, ultimi sacerdoti di rito laico, un mestiere soppresso dalla tecnologia. C’è Mario Piras, storico operatore del cinema Olympia di Cagliari, entrato in cabina da ragazzino nel 1948; c’è Luciano Cancedda, che ha lavorato nel cinema dal 1957 per diventare poi proiezionista del cinema Moderno di Monserrato, fino alla chiusura della sala; e c’è Dante Cadoni, che ha iniziato nel 1966 a 15 anni al cinema Garibaldi di Villacidro per aiutare il padre, e ha poi portato avanti l'attività familiare. Ognuno di loro porta una parola, un pensiero, un ricordo, una riflessione su un'era che si è chiusa. I luoghi sono i silenziosi coprotagonisti del documentario: per loro parlano le immagini, captate dalla sensibilità fotografica di Luca Melis, strutture fatiscenti dietro a una serranda arrugginita abbassata, che nasconde un ventre ormai svuotato, spesso senza più poltrone né schermo. “L’ultimo pizzaiolo” è un viaggio evocativo attraverso tante sale cinematografiche della Sardegna, ormai dismesse: le sale Due Palme e Alfieri di Cagliari, Ariston e Quattro Colonne  di Sassari, Olimpia di Iglesias, Moderno di Sant'Anna Arresi, Verdi di Domusnovas, Nuovocine e Garibaldi di Villacidro, Pusceddu di Guspini, Tre Campane di Lunamatrona, Costantino di Macomer, Iris di Assemini, Vittoria di Uta, Astor di Villasor, Italia di Dorgali, Splendor di Arzachena, Astra di Olbia, Smeraldo di Jerzu. 

«L'idea del film – racconta il regista Sergio Naitza - è di immergere ancora una volta lo spettatore in quel bozzolo buio, con lentezza ieratica, insistente e latente, lasciando che un dettaglio o un totale, un movimento laterale o un leggero dolly, faccia riemergere quell'atmosfera che puzzava di fumo e variegata umanità dimenticata».  Le immagini dei cinema della Sardegna "disabitati" scorrono nel documentario montato da Davide Melis come squarci di natura morta, reperti di archeologia industriale, lacerti di un luogo sconsacrato che sembra remoto ma in realtà è recente.
«Ogni città ha la sua via Gluck– spiega ancora il regista, Sergio Naitza - dove c’era il verde, e laddove la sala cinematografica era un luogo di divertimento, cultura, condivisione, speranza, adesso c’è una città, ovvero l’ingordigia immobiliare che ha cambiato la destinazione d’uso e soppresso una memoria collettiva. Una rapida morte, dagli anni Ottanta, ha cancellato repentinamente luoghi simbolo di ogni centro abitato, grande e piccolo, frantumando un tessuto sociale che si era formato nel corso del tempo. Sono arrivati i multiplex, ora è diverso il modo di andare al cinema. Ma cosa resta oggi dei tanti cinema Paradiso? In Sardegna molto poco. Cagliari, per esempio, non ha più nessuna delle storiche sale. Ariston, Fiamma, Nuovo Odeon, Quattro Fontane, Nuovocine, Capitol, Corallo, Due Palme, Adriano sono stati spazzati via, nessuna sala cittadina si è salvata. Così Nuoro, Olbia, Quartu, Iglesias, Lanusei. Solo Sassari, in controtendenza, ha conservato il Moderno nel cuore della città, trasformandolo in un multiplex. Resiste qualche cinema storico a Carbonia, Oristano, Alghero. E accanto alla parabola dei cinema scomparsi, c’è quella dei vecchi proiezionisti, dei gestori, delle cassiere: dentro le sale sarde ci sono storie che non sono mai state raccontate, specchio di un’Isola che cambiava perché il cinema era connesso con la realtà sociale».

Anche la musica entra in dicotomia con l'impianto visivo: non un commento struggente o mieloso, per evitare l'effetto nostalgia, ma la disarmonia delle elaborazioni elettroniche composte da Arnaldo Pontis. Rimandi di sonorità industriali intrecciate con vibrati in loop, qualche lamento di chitarra elettrica di Matteo Casula e note al piano dissonanti o irregolari per conferire una frattura, un distacco emotivo dalle immagini. «Solo sui titoli di coda – sottolinea Naitza - cambia il tono sonoro con una canzone del 1939, "Signora Illusione", intrisa di malinconia e dolcezza, in struggente sintonia con le immagini delle sale chiuse che rimandano appunto alla magia e all'illusione del cinema dei vecchi tempi. L'interprete è la grande cantante maddalenina, diva dei palcoscenici lirici e teatrali europei della prima metà del secolo scorso, Lia Origoni, oggi centenaria, alla quale va il nostro ringraziamento per averci concesso l'uso del brano».
Testo alternativo
Note di regia, di Sergio Naitza

Quando è nato il progetto "L'ultimo pizzaiolo" - ovvero la ricerca delle ultime sale cinematografiche della Sardegna ormai chiuse, abbandonate e fatiscenti, e la raccolta delle testimonianze degli anziani proiezionisti della pellicola - non c'era dietro il sentimento della nostalgia, il rimpianto dei vecchi gloriosi anni d'oro del cinema. C'era invece il desiderio di capire come era mutato il panorama urbanistico delle città e dei paesi sardi senza più sale, quale valore sociale e culturale rappresentava l'andare al cinema, che fine aveva fatto quella piccola imprenditoria familiare che, di padre in figlio, tramandava il mestiere dell'esercente e del proiezionista: tutti elementi di un mondo repentinamente sostituito - la data del declino è l'inizio degli anni Ottanta - dall'avvento della tecnologia e del digitale. E della multisala. E prima ancora delle videocassette, oggi dello streaming.
Un viaggio dunque sulle tracce di una memoria storica collettiva che si sta cancellando, perché la sala cinematografica che era un luogo simbolo di ogni città e paese dell'Isola, punto di riferimento toponomastico (chi non diceva, per esempio: "Vediamoci davanti al cinema Ariston" anche solo per darsi un appuntamento) oggi non esiste più: è stata demolita dall'ingordigia del mattone e trasformata in altro, un edificio, un garage, una banca, un supermarket, macerie, niente. E con i cinema sono sparite anche le insegne, che facevano parte della segnaletica urbana, luminosi punti cardinali per il passante nonché esche fosforescenti che titillavano il desiderio. Quelle rimaste si contano sulle dita di una mano: ossidate, sbilenche o sbiadite come certe scritte del ventennio nero; avevano nomi esotici, regali, altisonanti: Olympia, Capitol, Astoria, Splendor, Impero, Garibaldi, Corallo, Smeraldo, Due Palme, Astoria, Vittoria, Astra, Astor, Iris, Eden, appunto come una promessa di due ore in paradiso in cambio di un paio di monetine. Così siamo andati alla ricerca di quelle saracinesche arrugginite e abbassate da anni per scoprire se dentro c'era ancora un cinema o qualcosa che gli assomigliasse: con l'intenzione quindi di documentare, di filmare, prima dell'arrivo di una ruspa, quel che restava dei templi dei sogni della Sardegna. Anche perché le fonti iconografiche (fotografie o disegni) esistenti sono rarissime, nessuno allora pensava di scattare qualche immagine-ricordo di una sala, né all'esterno, tantomeno all'interno.
La sensazione più frequente e sorprendente - una volta superata la serranda chiusa o il portone sprangato - è stata quella di sperimentare l'effetto macchina del tempo: molte sale erano rimaste intatte dal giorno di chiusura - venti, trent'anni prima - cristallizzate nella data dell'ultimo spettacolo con i gloriosi manifesti dell'epoca ancora in vista, le pesanti tende gonfie di polvere, l'imponente schermo raggrinzito, ingiallito, le poltroncine in legno ammantate di ragnatele, quelle imbottite ferite da tagli come cicatrici opera di spettatori vandali, la pellicola che pendeva languida dal proiettore, le bobine conservate in un cantuccio. Altre sale invece mostravano i segni della decadenza e dell'incuria, sventrate e svuotate di arredi, con schermo incartapecorito o a brandelli, talune prive di poltroncine, sbullonate e accatastate le une sulle altre, in una surreale opera d'arte contemporanea. Altre ancora col soffitto pendente o crollato, i pannelli fonoassorbenti delle pareti accartocciati, i segni evidenti dappertutto del regno incontrastato dei piccioni. L'impressione di un vuoto, di abbandono distratto e stanco, di vischiosa solitudine: scoprire la caverna dei desideri trasformata in un androne deserto, lugubre come la stiva di una nave in disarmo, le poltrone col sedile ribaltabile, ritte sull'attenti come lapidi allo spettatore ignoto. Tutte le sale però avevano il luogo più segreto, sconosciuto e proibito allo spettatore - ovvero la cabina di proiezione - ancora efficiente, dove le mastodontiche macchine in ferro, simili a pachidermi ingessati in una stanza troppo piccola, con i marchi argentati in bella vista (Pion, Victoria, Prevost, Cinemeccanica), aspettavano solo che venisse caricata la bobina di pellicola per ripartire.  Il luogo intimo dove si generava la magia della proiezione si presentava come un reperto storico, pronto per essere filmato in un crudele contrappasso.
A riempire di ricordi e aneddoti quegli angusti spazi, sono stati i "proprietari", gli anziani proiezionisti, titolari di un mestiere che è stato mandato in pensione dalla tecnologia e cancellato dalla giurisprudenza contrattuale (non esiste più la figura del proiezionista, ora si chiama impiegato di secondo livello): ne abbiamo rintracciato tanti e poi ne abbiamo selezionato tre (uno della città, Mario Piras; uno dell'hinterland, Luciano Cancedda; e uno dei paesi, Dante Cadoni), riuniti in una cabina di proiezione per raccontarsi e raccontarci segreti e curiosità del loro lavoro. Memorie in fotocopia da Nuovo Cinema Paradiso, riemerse con la passione che mai ha conosciuto noia o rifiuto. I proiezionisti sono stati i silenziosi non protagonisti eppure pedine fondamentali della macchina-cinema, ultimo anello di una filiera che aveva necessità del loro sapere, industriale e artigianale insieme, per regalare quotidianamente, feste comprese, un sogno a buon mercato. Lavoratori infaticabili consapevoli che il minimo inciampo tecnico procurava nel pubblico un brusco risveglio condito da improperi e fischi. Ecco, nelle loro parole riemergono malinconia e rimpianto, ma senza un languoroso piagnisteo, solo l'accettazione dei tempi che cambiano e nulla può conservarsi come una volta. A far da collante fra le immagini e i ricordi c'è Pino Boi, colui che è stato l'ultimo gestore del deposito di pellicole della Sardegna, un tempo carico di bobine di celluloide o più comunemente "pizze", da distribuire in ogni paese e oggi invece solo centro raccolta di manifesti di film o snodo per qualche valigetta di DCP. Così "l'ultimo pizzaiolo" - che dà anche ironicamente il titolo al documentario - è diventato il testimone privilegiato, con le sue memorie, di un passaggio storico epocale.
Le immagini dei cinema della Sardegna "disabitati" che scorrono nel documentario - captate dalla sensibilità fotografica di Luca Melis e montate con affinità elettiva da Davide Melis - sono come squarci di natura morta, reperti di archeologia industriale; è come aprire la porta di una cantina trascurata e trovarci l'inutilità delle cose vecchie, lacerti di un luogo sconsacrato che sembra remoto ma in realtà è recente. L'idea era di far precipitare lo spettatore di nuovo in quel bozzolo buio con lentezza ieratica, insistente e latente, lasciando che un dettaglio o un totale, un movimento laterale o un leggero dolly, facessero riemergere quell'atmosfera che puzzava di fumo e variegata umanità dimenticata (oggi nelle sale regna l'olezzo di pop corn). Anche la musica doveva entrare in dicotomia con l'impianto visivo: non un commento struggente o mieloso, proprio per evitare l'effetto nostalgia, bensì il contrario, cercare una disarmonia che le elaborazioni elettroniche di Arnaldo Pontis hanno reso calzante. Rimandi di sonorità industriali intrecciate con vibrati in loop, qualche lamento di chitarra elettrica di Matteo Casula e note al piano dissonanti o irregolari per conferire una frattura, un distacco emotivo dalle immagini. Solo sui titoli di coda cambia il tono sonoro con una canzone del 1939, "Signora Illusione", intrisa di malinconia e dolcezza, in struggente sintonia con le immagini delle sale chiuse che rimandano appunto alla magia e all'illusione del cinema dei vecchi tempi. L'interprete è la grande cantante sarda, diva dei palcoscenici lirici e teatrali europei della prima metà del secolo scorso, Lia Origoni, oggi centenaria, alla quale va il nostro ringraziamento per averci concesso l'uso del brano.  Lungi dall'essere elegia del cinema dei fulgidi anni, "L'ultimo pizzaiolo", in fondo, vuole essere la difesa di una memoria pubblica e privata che appartiene a tutti, il racconto di un recente "come eravamo" di un piccolo pezzo di storia sociale, economica e culturale della Sardegna che merita di non venire coperto dall'oblio. Anche dopo il fatidico cartello "Fine" o "The end".
L’ultimo pizzaiolo
anno: 2019
durata: 52'
produzione: Karel film production e communication
col contributo di: Fondazione di Sardegna
con la collaborazione di: Società Umanitaria-Cineteca Sarda e Arionline
il sostegno di: Fondazione Sardegna Film Commission

sceneggiatura e regia: Sergio Naitza
fotografia: Luca Melis
montaggio e sound design: Davide Melis
musica: Arnaldo Pontis
cast: Pino Boi, Luciano Cancedda, Dante Cadoni, Mario Piras

suono: Roberto Cois
operatore di ripresa: Maurizio Abis
assistente alla regia: Valeria Masu
assistente di produzione: Emmanuel Cossu
assistente operatore: Nicola Murenu
in parternariato con: Ficc, Anec, Cinema Greenwich, Cinema Odissea, Sardinia Film Festival, Associazione Europa Cultura
Il brano sui titoli di coda "Signora Illusione" (Cherubini-Fragna, 1939) è cantato da Lia Origoni

Sito ufficiale del film: http://www.lultimopizzaiolo.com/
Ufficio stampa "L'ultimo pizzaiolo": Immedia SV
ufficiostampa@volpesain.com cell +39 392 2067895
L’edizione 2020 de La Valigia dell'attore è realizzata con il sostegno e patrocinio di MIBACT – Direzione Generale Cinema, Regione Autonoma della Sardegna – Assessorato alla Cultura e Assessorato al Turismo, Comune di La Maddalena, Ente Parco Nazionale Arcipelago di La Maddalena, Fondazione Sardegna, NuovoIMAIE, Artisti 7607 e la collaborazione della Scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté e dell’Istituto Alcide Cervi

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