La
Conferenza Provinciale Sanitaria ha deliberato una progetto di riorganizzazione
amministrativo-territoriale.
Vista la
mancata approvazione regionale dell’Atto Aziendale ed esaminata la delibera
n°509 del 27.02.2013, riteniamo tassativo verificare quale modello di sanità
sia possibile attuare in Gallura e nello specifico nell’isola di La Maddalena.
La delibera
di cui sopra, che programma la sanità del territorio gallurese, dice che “appare evidente che la peculiarità del
presidio ospedaliero di La Maddalena e il mantenimento con i bisogni sanitari
dell’isola, richiedono che a tutela di tale progettualità, la Regione copra
l’ampia parte dei costi del presidio, come costi per funzione, nell’ambito delle
risorse attribuite alla ASL n°2 in sede di ripartizione del fondo sanitario
regionale (…)”..
Quanto
evidenziato dimostra che la ASL n°2 chiede alla Regione risorse aggiuntive per
lasciare tutto come prima.
Considerato
che i posti letto approvati hanno lo stesso numero di quelli che l’Ospedale
Paolo Merlo aveva prima dell’atto aziendale, per quale motivo l’ASL chiede che
alla Regione la copertura di costi inesistenti?
La stessa
delibera, sul tema del punto nascite, recita che “la graduale riduzione dell’attività (in linea con esigenze di
sicurezza della madre e del bambino), sino alla soppressione del punto nascite
di La Maddalena e salvo diversa indicazione in fase di definizione della rete
regionale dei punti nascita, sarà graduale e contestuale alla definizione di un
percorso assistenziale che permetta la presa a carico della gravidanza in tutte
le sue fasi, con espletamento del solo parto nella struttura ospedaliera
prescelta, con assistenza in loco e trasporto protetto e sicuro in ogni
condizione della puerpera, anche avvalendosi di elitrasporto.
Perché la
delibera n °509 specifica quanto sopra?
Le linee
guida che la RAS dovrà indicare, infatti, non saranno valide solo per la Nostra
Isola, ma dovranno essere applicate a tutti gli ospedali del territorio
nazionale che non raggiungono il numero di 500 nascite annue.
L’ASL n°2
nonostante abbia evidenziato, in sede di conferenza provinciale dei comuni, la
potenziale dannosità di questo progetto per il Nostro Ospedale, tuttavia
continua a perseguire questi obiettivi.
La stessa
delibera inoltre, per quanto concerne l’Ospedale di La Maddalena, specifica che
“ l’Ospedale Paolo Merlo costituisce una
particolarità nel panorama ospedaliero sardo poiché è l’unico ospedale
collocato in un’isola nell’isola (…) questo costituisce il principale limite al potenziamento dell’offerta dei
posti letto per acuti, non potendo ovviamente essere la sede attrattiva per i
territori circostanti (…) e d’altra parte, giustifica il mantenimento di una
piccola struttura ospedaliera che, almeno per le patologie non urgenti e di
bassa complessità, non riduca l’equità di accesso alle cure di cui gli
assistiti nell’isola hanno diritto proprio per tale condizione di isolamento”.
Quanto
riportato, per l’ennesima volta, evidenzia che la volontà dell’ASL n°2 è quella
di depotenziare il presidio ospedaliero di La Maddalena; non potendolo
chiudere, dal momento che le leggi nazionali e regionali non lo permettono,
viene indicata l’insularità quale limite della sua potenzialità.
A parere del
GSPC chi limita la funzionalità del presidio di La Maddalena risulta essere
senza dubbio l’ASL n°2, che ormai da anni ne ha ridotto le funzionalità ed ora
ne condiziona il futuro con la richiesta alla Regione di finanziamenti
aggiuntivi e una discutibile politica aziendale che potrebbe portare alla
chiusura del punto nascite.
Se
l’obiettivo è quello di voler utilizzare l’Ospedale solo per le patologie di bassa complessità, con esclusione di quelle urgenti, il Pronto Soccorso
(perchè solo il Pronto Soccorso??) ed il Presidio che reale funzione avrebbero,
considerato il deficitario collegamento tra La Maddalena e Palau?
Il GSPC
ritiene che, in assenza di un’approvazione da parte della RAS dell’atto
aziendale, l’ASL n°2 debba ripristinare il numero dei posti letto e le
strutture del Paolo Merlo a come erano organizzate prima della delibera n°509,
secondo lo schema dei reparti di seguito indicato:
· Medicina: 24 PL (posti letto) per acuti;
· lungo degenza: 8 PL;
· chirurgia: piccoli interventi in day surgery o week surgery (eventuale
utilizzo di un chirurgo con presenza settimanale);
· ostetricia e ginecologia: 5 PL (nel
2012, ben 50 interventi di ginecologia operabili in sede sono stati trasferiti
in altre sedi, perché l’ASL ha vietato ai ginecologi del P.O. Paolo Merlo di
eseguire interventi in loco;
· pediatria: 4 PL;
· Pronto soccorso: l’attuale
legislazione prevede per le isole minori servizi aggiuntivi compresa anestesia
e rianimazione con camera iperbarica;
· emodialisi: 1 PL annesso alla medicina;
· centro di riabilitazione;
· punto nascite;
· neurologo e neuropsichiatra: almeno
una presenza settimanale;
· laboratorio analisi dotato di
emoteca;
· radiologia;
· urologo: una presenza settimanale;
· consultorio quale servizio essenziale
per attivare il percorso nascite;
· locali ex RSA: non trasferirvi all’interno ambulatori e uffici ma un
servizio che accolga giovani ed anziani disagiati, disabili parziali, disabili
totali o le lungo degenze;
· Piano Sanitario Specifico, nel
rispetto delle norme che tutelano le isole minori.
Questo
documento, già inoltrato all’ASL n°2, risulta compatibile con quanto previsto
dall’ANCIM, dalla spending review e soprattutto con le esigenze e i diritti di
Noi Isolani che giornalmente siamo costretti a sostenere spese e sacrifici
enormi, per cercare in altre sedi quei servizi che possono essere forniti in
loco, senza alcun costo addizionale.
A questa
Amministrazione comunale chiediamo che riacquisti quella autorevolezza che ha
dato prova avere in occasione della Conferenza dei Sindaci del Territorio.
All’ASL n°2
si chiede con fermezza di costituire presso il Paolo Merlo quei servizi che le
leggi vigenti prevedono per le isole minori e un’attenta analisi di quelli che
sono attualmente i punti di fragilità; questo, attuando una riconversione
funzionale delle strutture e del personale, tale che si possa rallentare la
diaspora di pazienti che l’ospedale può e deve assistere.