martedì 18 agosto 2015

La beffa europea e lo schiaffo di mamma Regione: aziende turistiche affossate da viale Trento, che prima approva la legge per dare i contributi e poi fa causa contro gli imprenditori per riaverli indietro



. A volte non è solo l'Europa a volerci male. Spesso a essere matrigna è la Regione che prima approva le leggi per dare i contributi. Poi quando l'Europa dice che quelle norme violano le regole sulla concorrenza si costituisce subito in giudizio per chiedere contributi che aveva autorizzato. Capita anche questo un Sardegna e capita con la legge 9 del 1998 che in cambio della destagionalizzazione concedeva importanti agevolazioni. La denuncia è del coordinatore regionale dei Riformatori sardi, Michele Cossa, e del rappresentante del Centro studi dei Riformatori, Roberto Frongia.
"La legge regionale 9/98, - spiegano Cossa e Frongia - imponendo un periodo di apertura non inferiore ai 7 mesi, si prefiggeva appunto lo scopo di creare le condizioni economiche per l’incremento del periodo di apertura affrontando un rischio che, in assenza di incentivi, nessuna impresa, in quella fase, si sarebbe mai assunto. Difatti, in mancanza di un sostegno economico iniziale, le stesse imprese non sarebbero state in grado di affrontare i maggiori costi.
Inopinatamente con Decisione C(2008)2997 del 2.7.2008 la Commissione europea ha dichiarato l'incompatibilità con il mercato comune degli aiuti concessi (a 27 imprese delle oltre 100 finanziate) a seguito della deliberazione della giunta regionale n.  33/6 e l’obbligo di restituzione da parte delle imprese beneficiarie.
Molte di queste ultime e la stessa Regione Sardegna hanno fatto ricorso alla Corte di Giustizia Europea e all’Autorità giudiziaria italiana al fine di evitare la revoca dei benefici. La Regione Sardegna - e i suoi Uffici - si è però caratterizzata per una peculiarità: mentre presso i Magistrati comunitari ha difeso le imprese, contrariamente, presso i Giudici italiani hadifeso l’operato della Commissione e della DG Concorrenza, incidendo enormemente in senso negativo sulle decisioni del Giudice italiano che ha rigettato le domande degli imprenditori sardi.. Un atteggiamento schizofrenico che meriterebbe un approfondimento sul piano giuridico. Non solo. Emerge in modo evidente da tutta la vicenda l’esistenza di atti e comportamenti della Regione tali da indurre gli operatori a confidare nei benefici anche in presenza dell’avvenuto inizio dell’investimento e per le opere già eseguite. Tali circostanze potrebbero legittimare le imprese ad esperire azioni legali nei confronti dell’Amministrazione regionale al fine di vedersi riconosciuto il risarcimento dei danni conseguenti alla restituzione delle somme percepite, maggiorate degli interessi e per il mancato accesso a seguito della rinuncia - indotta dalla Regione- ad altre misure di aiuto (quali quelle disposte dalla legge n. 488/92 e dalla legge regionale n. 40/1993);
Per di più, con la revoca dei contributi, la Commissione Europea, non tenendo conto delle considerazioni espresse dall’Amministrazione regionale nell’ormai lontano 2004, sta decretando la fine di quelle imprese che con coraggio avevano incrementato il periodo di apertura delle strutture ricettive creando occupazione.
A parte ogni considerazione sull’inevitabile riduzione dell’occupazione, tutto ciò significa vanificare parzialmente il programma avviato nel lontano 1999. 
Infine l’amara considerazione è che la Commissione, ancora una volta, dimostra di non tenere in alcuna considerazione il gap fisico-geografico sofferto dalla Sardegna rispetto alle restanti regioni d’Europa. 
Gap che impedisce alle imprese e famiglie sarde di avere le stesse opportunità delle restanti imprese europee e viola con evidenza il principio di uguaglianza tra i cittadini europei".

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