sabato 10 dicembre 2011








La figura di Garibaldi agricoltore è stata delineata da diversi autori che ne hanno scritto con competenza e passione e quindi poco si può aggiungere in merito. Questa ricerca ha focalizzato la riflessione su quanto ha inciso la sua opera a Caprera, su cosa è divenuta nel tempo quella che fu la sua azienda agraria e ha tentato di ricostruire, attraverso “le specie vegetali piantate dalle sue mani” e conservatesi ad oggi, un aspetto non meno importante della storia e del paesaggio che contribuì a creare. Questo è anche un dovere che discende dalla necessità di restituire all’Eroe una dimensione più umana e meno guerresca.Il convegno “ Giuseppe Garibaldi agricoltore “ organizzato dalla sovrintendenza  per i beni architettonici  ,  svoltosi  ieri  nel salone consiliare è servito  ancor piu a far conoscere dell’eroe quell’aspetto non secondario .Il progetto in questione è stato promosso  dall’allora assessore  provinciale all’ambiente Pier Franco Zanchetta che aveva  disposto  uno stanziamento  di 100 mila euro , ma gestito dall’Università sassarese e dall’Ente Parco,ha rinverdito l’animus  agricolo dell ‘eroe stesso .Come ha  detto Ignazio Camarda  si pensa  che   quanto prima sarà pronta la pubblicazione degli studi  che  sono stati fatti , con notizie  molto interessanti :  Qualcuna è stata anticipata  dai  tanti relatori  convenuti che hanno messo in luce una parte dell’uomo che  non si  conosceva  tanto , quella dell’agricoltore . Dopo i saluti dell’assessore Chicco Tirotto ,  Gabriele Tola il soprintendente, Assunta Angela Trova università di Sassari ed il professor Manlio Brigaglia  , ci sono stati gli interventi dei ricercatori  che hanno illustrato il lavoro svolto , alternato  dalle letture  dell’attore Sante Maurizi.Una puntualizzazione storica e tecnica di grande rilevanza, è stata detta  da  Camarda che ha parlato delle essenze, autoctone o importate , ma soprattutto  del primo rovere piantato su terra sarda, che popolarono la tenuta.
Per  una riqualificazione ed una sistemazione  della tenuta si sono dichiarati Giuseppe Garibaldi jr e la cugina Annita Garibaldi Jallet, i quali, per recuperare la tenuta  si potrebbero fornire  prodotti  di eccellenza  nell’azienda  rifondata . Un compito non semplice attende ora le istituzioni che hanno la responsabilità di tutelare e gestire un luogo primario della storia dell’Italia moderna, monumento nazionale nella sua interezza e, in particolare, di far sì che, accanto alla tutela degli ecosistemi naturali, l’opera di Garibaldi nel suo rapporto con la terra venga messa in piena luce come testimonianza duratura di un uomo di pace che gli eventi hanno costretto a fare la guerra.
    Dal 1856 Garibaldi, subito dopo l’acquisto del terreno comprendente circa la metà dell’isola, si organizzò per edificare la sua casa, costruire la stalla per gli animali, dissodare i terreni, acquistare alberi da frutto, olivi, viti, sementi per le colture orticole. Ciò che Garibaldi ha costruito assume rilevanza anche per la storia dell’agricoltura di tutta la Sardegna che, nella seconda metà dell’Ottocento, stava vivendo momenti di grandi innovazioni strutturali, basti pensare alle ferrovie ed alle industrie di trasformazione che stavano sorgendo e iniziavano ad affermarsi. In questo contesto va vista e analizzata l’opera di Garibaldi nell’Isola di Caprera e il suo grande progetto di bonifica e trasformazione agraria della Sardegna nel 1870, approvato dal governo ma mai realizzato.
    Il progetto in questione era suddiviso in due parti: la prima riguardava il risanamento idraulico e igienico delle zone paludose e la seconda l’insediamento umano nelle zone così riconquistate alla fruizione agricola e civile. In proposito, la proposta progettuale consisteva, tra le altre cose, nella costituzione di  “20 colonie agricole, assegnando a ciascuna circa 5.000 ettari di terreno, destinati per metà alla pastorizia e per metà all’agricoltura”. Peone
   
   
 

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