lunedì 11 febbraio 2013

“L’impresa presenta il conto”:


le 13 priorità per evitare la catastrofe

Qual è il prezzo della crisi in Sardegna? Per dare una risposta a questa domanda, il Centro Studi nazionale della Confesercenti ha elaborato una serie di dati ( cfr. tabella allegata ) inequivocabili. Basterebbe dire che, nell’ultimo quinquennio, il numero delle imprese sarde (relativamente ai settori del commercio e del turismo) è calato di circa 4mila unità, e questo ha comportato il licenziamento di oltre 5mila lavoratori. L’unico incremento è stato rilevato nel commercio ambulante (+8,7%): per molti, però, è stata una scelta di ripiego dettata dalla necessità di dover lavorare.
La sofferenza trova conferma anche negli altri dati presentati oggi, nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta a Cagliari, nella sede della Confesercenti Sardegna. “È diminuito lo stock del credito concesso alle imprese del settore – ha spiegato il presidente regionale di Confesercenti, Marco Sulis –: siamo passati dai 4,1 miliardi di euro del 2010 ai 3,7 miliardi circa del 2012. La flessione, dunque, è stata del 10,4% a fronte dell’appena 1,9% registrato in ambito nazionale. Non solo: l’esborso fiscale pro capite nel 2007 era di 8.200 euro annui, mentre nel 2010 è salito a 8.383 (+2,2%: ma in Italia il saldo è stato pari a –1,8%) e negli ultimi dodici mesi è ulteriormente incrementato. Secondo le previsioni del Centro Studi, nel 2013 le imprese del settore verseranno al fisco 984 euro in più rispetto al 2012. Come se non bastasse, i tassi d’interesse praticati in Sardegna sono superiori al resto d’Italia”.

Sulis ha poi ricordato che “nell’Isola, da anni, soffriamo il peso della grande distribuzione organizzata, che è decisamente più gravoso rispetto al resto del Mezzogiorno e addirittura del Nord Italia. Un problema che, ultimamente, si è acuito, inducendo la Confesercenti a promuovere l’iniziativa ‘Libera la domenica’ che si concluderà il prossimo mese con una raccolta di firme per sosterrà la proposta di legge per l’abolizione del Decreto Monti che ha liberalizzato selvaggiamente l’apertura domenicale, ad esclusivo vantaggio della Gdo”.

Alla luce di tutto questo, ai candidati delle prossime elezioni Politiche sono stati presentati non solo questi dati, ma anche le 13 priorità che necessitano maggiormente di interventi correttivi:

1.  Ridurre le aliquote Irpef per i redditi medio-bassi e ridurre l’Irap per le Pmi.

2.  Scongiurare l’aumento dell’Iva dal 21% al 22%.

3.  Escludere l’Imu da immobili strumentali e prima casa.

4.  Rivedere la riscossione coattiva per i debiti tributari e favorire la rateazione.

5.  Rivedere i criteri di applicazione della Tares, che sostituirà la Tarsu.
6.  Favorire l’attività dei Confidi per il credito alle imprese.

7.  Meno costi sul lavoro e meno burocrazia.

8.  Ridurre i costi a carico delle imprese per l’utilizzo della moneta elettronica.

9.  Più negozi di vicinato per città più sicure.

10.  Aperture domenicali solo quando serve e competenze alle Regioni.

11.  Sostegno allo start up delle imprese, con formazione e innovazione tecnologica.

12.  Rivedere la norma di pagamenti e contratti per i prodotti agricoli e alimentari.

13.  Più infrastrutture per favorire la crescita del turismo.

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