venerdì 30 novembre 2012

Il ricordo di Gian Carlo Tusceri

 Il ricordo di Gian Carlo Tusceri

Il Compagno Francesco Michelini, in una occasione definitiva come questa, si è fatto trovare pronto come sempre. E questo è stato indubbiamente un modo sereno per accomiatarsi dagli affetti più cari: quelli di sua madre e della sua famiglia a cui lui era particolarmente legato. Con la stessa sofferta serenità, si era accomiatato da qualche tempo, dai suoi più recenti compagni di partito: quelli di SEL, dopo che per anni aveva preso le distanze un po’ da tutto, in seguito alla trasformazione del partito comunista.
Con te, Francesco, incontrai e intervistai Enrico Berlinguer, nel 1982, nel salone consiliare di questo comune, in attesa che arrivasse il Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Erano tempi, quelli, in cui i compagni, ma soprattutto gli italiani, non potevano sentirsi soli, all’ombra di tali giganti della democrazia. Consultandomi con te e con nessun altro – data la delicatezza delle dichiarazioni di Berlinguer, che non sapevamo quanto confidenziali e riservate – decidemmo insieme di non pubblicare quell’intervista per noi “troppo intima” e ci portammo da allora questo segreto nel cuore. Era il senso di responsabilità del partito, da noi vissuto come una famiglia, che ci aveva fatto crescere e che ci sosteneva.  
Oggi, a salutarti nel  momento estremo, mi ci hanno portato altri rapporti familiari, che tu hai voluto riconoscere e apprezzare in SEL.  E oggi, con orgoglio, contribuisco a porgerti l’estremo saluto, perché so che ti avrebbe fatto piacere.
La nostra non è stata una frequentazione assidua, costante, ma comunque profonda, complice  e significativa. Parlavamo dei tuoi sogni per Moneta, quando ci incontravamo, perché tu, al tuo quartiere sentivi di dover dare delle risposte non più procrastinabili. Parlavamo delle speranze “disperate” di La Maddalena, della condizione di una popolazione ostaggio di troppi vincoli militari, la cui Amministrazione Comunale, da sempre, non era in condizione di stilare neppure uno straccio di strumento urbanistico all’altezza della situazione. E quando qualche compagno in Consiglio Comunale ti urtava o addirittura cercava di sfidare la tua serafica quiete in sede giudicante, talvolta mi cercavi, ti confrontavi e quasi sempre rimarcavi che essendo su una posizione ineccepibile, c’era poco da ritrattare, anche se poteva far male a qualcuno. Era quella la fase in cui il PCI, dopo i fasti berlingueriani, si stava lentamente sfaldando. 
Sei sempre stato schietto ma mai violento. Non sei mai sceso a compromessi, non ti sei mai arreso alla omologazione non democratica. Ti uniformavi alle decisioni della Segreteria, ma volevi avere il diritto di esprimere comunque il tuo pensiero. Se questo non ti veniva concesso, allora mi cercavi per dirmi che questi erano brutti segnali. Magari ti defilavi, perché tu più di altri sapevi che il dissenso andava gestito in sezione.
Oggi, in questa piazza che non è più rossa, che è altro, ti saluto e ti salutiamo per l’ultima volta. Tu sei il compagno ideale che un comunista della mia età avrebbe sempre voluto avere al proprio fianco. Mancherai alla tua famiglia, mancherai al tuo nuovo partito e ai tuoi vecchi amici, ma, soprattutto, a dispetto di chi non si rende conto di quanto danno si faccia inneggiando alla rottamazione indiscriminata, un compagno come te mancherà alle nuove generazioni.
Una considerazione finale: il tuo addio a noi tutti ha coinciso con il coronamento di un nostro sogno di sempre… Il riconoscimento della Palestina come stato auditore all’ONU. So che almeno per una volta, come compagno, saresti stato orgoglioso del voto liberamente espresso, finalmente, dall’Italia.

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