venerdì 18 aprile 2014

Abbiamo ragione noi: i soldi delle accise sono dei sardi.

 La Regione si opponga al ricorso del governo
Rischiamo di buttare un miliardo e mezzo di euro per tagliare il costo dei carburanti e per dare fiato all’economia al collasso. Il parere tecnico del giudice Alteri già presidente della Corte di Cassazione, sezione Tributaria.
La decisione di non opporsi all'impugnazione del governo contro le norme sulle accise, approvate dal Consiglio regionale all'unanimità, provocherebbe alla Sardegna un danno di oltre un miliardo di euro. E a dare supporto alla tesi dei Riformatori sardi è il parere tecnico del giudice Enrico Altieri, già presidente della Corte di Cassazione, sezione Tributaria, tra i massimi esperti tributaristi italiani. E' quanto emerso nella conferenza stampa di questa mattina nella sede regionale  dei Riformatori sardi in via Firenze 20 a Cagliari.

I Riformatori, che sul tema hanno presentato anche un’interrogazione a Francesco Pigliaru, chiedono di sapere cosa il presidente "intenda fare per opporsi alla impugnativa del Governo che, se accolta, provocherebbe alla Regione un danno economico valutabile in oltre un miliardo di euro; se intende costituire la Regione nel giudizio promosso dal Governo; se conferma le opinioni espresse qualche giorno fa, o almeno così riportate dalla stampa, dall’Assessore al Bilancio Paci che sosteneva le ragioni del Governo invece di quelle della Regione Sardegna".

I Riformatori ricordano che la norma sulle accise "è stata approvata all'unanimità dal Consiglio regionale" e in particolare che l'articolo 8 dello Statuto stabilisce che "nelle entrate spettanti alla regione sono comprese anche quelle che, sebbene relative a fattispecie tributarie maturate nell'ambito regionale, affluiscono, in attuazione di disposizioni legislative o per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati fuori del territorio della regione". Senza considerare che "la nuova norma di riscrittura dell'articolo 8 dello Statuto Regionale sardo ha contestualmente legato ai maggiori proventi derivanti dalle nuove compartecipazioni l’imputazione al bilancio regionale della spesa sanitaria, delle spese relative al trasporto pubblico locale e alle misure di continuità territoriale". 

La Corte Costituzionale, tra l'altro, ricordano ancora i Riformatori, "con sentenza n.95 del 2013 si è già espressa sulla materia delle entrate della Regione stigmatizzando l’inerzia Statale che “troppo a lungo ha fatto permanere uno stato di incertezza che determina conseguenze negative sulle finanze regionali, alle quali occorre tempestivamente porre rimedio, trasferendo, senza ulteriore indugio, le risorse determinate a norma dello statuto”.
Insomma, secondo i Riformatori, impugnare la norma sulle accise, equivale a impugnare lo stesso articolo 8 dello Statuto e dunque il governo regionale non può restare impassibile e non opporsi davanti alla Corte Costituzionale".

Ecco la nota predisposta dal giudice Enrico Altieri, già presidente della Corte di Cassazione, sezione Tributaria, tra i massimi esperti tributaristi italiani

            Il Centro Studi                        Il Circolo degli Amministratori Locali
         Riformatori Sardi                                         Riformatori Sardi


La Sardegna e le accise

L’ultimo comma dell’art. 8 della legge fin. 2007 prevede un criterio di devoluzione di una quota di imposte, tra quelle previste dai precedenti numeri,  percette fuori dal territorio sardo, purchè relative a fattispecie tributarie “ maturate” nell’ambito regionale.   Il problema si è posto per le accise ( il cui nome non viene utilizzato dalla norma, che parla di imposte sui consumi e di fabbricazione ).

Problemi:
-          cosa significa “ fattispecie realizzate”?-
-          a quali  vicende si riferisce  l’espressione “ in attuazione di disposizioni legislative o per esigenze amministrative”?

Le accise costituiscono un tributo oggetto di una organica disciplina dell’ordinamento dell’UE. Pertanto non è ammessa deroga da parte di norme o atti amministrativi statali o regionali.

Norme rilevanti:

direttiva del Consiglio  2008/118/CE
( disciplina generale delle accise - abroga la direttiva 92/12/CEE )

-          l’art. 1 , comma 1, stabilisce che la direttiva si applica “ alle accise gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo”
-          l’art. 2 prevede che i prodotti sono soggetti ad imposta all’atto : a) della loro fabbricazione; b) della loro importazione nel territorio della   Comunità;
-          nel  capo II ( artt. 7 e segg. ) vengono disciplinati l’esigibilità, il rimborso e l’estinzione dell’imposta;
-          l’art. 7, comma 1, prevede che l’accisa diviene esigibile “ al momento e nello Stato membro dell’immissione in consumo”.

E’ pertanto chiaro che la nascita dell’obbligazione tributaria è ricollegata alla fabbricazione o importazione, e non al consumo. Pertanto, la devoluzione della quota di accise alla Regione è dovuta per il fatto che il prodotto è stato fabbricato in Sardegna o ivi siano state espletate le formalità doganali, anche se i presupposti di esigibilità si sono verificati fuori dal territorio sardo. Quindi, per fattispecie maturata deve intendersi soltanto la fattispecie impositiva.

Quanto alla legislazione italiana, la separazione tra  presupposto per la nascita dell’obbligazione tributaria e la sua esigibilità era già contenuto nell’art. 2, nn. 1 e 2, del d.l.vo n. 504 del 1995.

Secondo i sostenitori della tesi contraria, la “maturazione” che fonderebbe il diritto della regione  Sardegna coinciderebbe col verificarsi dei presupposti dell’esigibilità, in quanto  l’imposta sarebbe concepita come un tributo sul consumo. Si deve, innanzitutto, rilevare che  qui si confonde la nascita dell’obbligazione tributaria con l’incidenza definitiva del tributo su determinati soggetti. L’IVA, ad esempio, è certamente un’imposta gravante economicamente sul consumatore finale, ma la nascita dell’obbligazione tributaria si verifica prima e indipendentemente dal pagamento del prezzo al consumo. In materia di IVA, ad esempio, il fatto che gli obblighi di fatturazione e di pagamento siano da adempiersi fuori dal territorio sardo,  per operazioni compiute in Sardegna da parte di soggetti che abbiano optato per il sistema direverse charge, non escluderebbe la pertinenza del relativo gettito alla quota regionale.

L’attribuzione di quote di gettito fiscale è una scelta di tipo federalista, sulla quale non esistono, in linea di principio, ostacoli di diritto dell’UE, salvo i problemi di aiuti di Stato per i meccanismi di redistribuzione o di agevolazione territoriale.
Pertanto il legislatore nazionale è libero di stabilire i criteri per determinare la base sulla quale effettuare la devoluzione a favore della Regione.

La rilevanza della nascita dell’obbligazione tributaria indipendentemente dalla sua esigibilità è stata affermata dalla Cassazione nella sentenza della Sezione tributaria n. 7080 / 2004. Si discuteva dell’esenzione delle accise sulle acquaviti invecchiate, Poiché tale regime era stato soppresso da una direttiva comunitaria, l’amministrazione   negava la spettanza dell’esenzione in quanto il prodotto non era stato ancora immesso in consumo. Secondo la Cassazione l’esenzione competeva per il solo fatto del completato processo d’invecchiamento, il quale costituiva, comunque, presupposto per la nascita dell’obbligazione tributaria.

Più in generale, se si esclude la pertinenza dell’imposizione dalla quota regionale quando i presupposti di esigibilità si sono verificati fuori dal territorio sardo, vi è da chiedersi quali sarebbero le ipotesi di cui all’ultimo comma del nuovo art.8 dello Statuto e lo stesso resterebbe, praticamente, privo di applicazione.

Una decisiva conferma si ricava dalla sentenza della Corte Costituzionale  n. 115 del 31 ottobre 2010 ( rel. Gallo ).
La Regione Sicilia aveva proposto conflitto di attribuzione contro una atto del Governo col quale veniva negata la pertinenza al bilancio regionale del gettito delle imposte di fabbricazione, riservato normativamente allo Stato. Secondo la Regione, il nuovo regime di tali tributi   aveva trasformato gli stessi da imposizione sulla fabbricazione in imposizione sui consumi, per cui doveva applicarsi la disciplina di tali tributi e quindi la devoluzione del gettito alla Regione. In altre parole, il presupposto impositivo   si sarebbe spostato dalla produzione al consumo.
La Corte osservava che, secondo le direttive comunitarie e la normativa statale, veniva in considerazione soltanto  “ il fatto generatore”, mentre il consumo assumeva rilievo soltanto  ai fini dell’esigibilità dell’obbligazione. Infatti, il regime  delle perdite e delle distruzioni ha riferimento al momento della fabbricazione.
La Corte rilevava altresì, che ai fini della risoluzione del problema, la distinzione tra “ fabbricazione” e “consumo” finiva con l’essere puramente nominalistica. In definitiva, il fatto che in Sicilia avvenisse il consumo di prodotti fabbricati altrove era irrilevante per devolvere alla Regione una parte del gettito, che competeva, quindi, soltanto allo Stato.

Non si conoscono le motivazioni svolte dall’Avvocatura dello Stato a sostegno del conflitto. Nell’atto di denuncia si parla soltanto di invasione della competenza statale in materia tributaria e di attuazione del diritto dell’UE. In realtà, non pare che la formula usata nell’art. 1, comma 1, della legge regionale finanziaria 2014 , impugnato dal Governo, contenga qualcosa di diverso di quella contenuta  nel nuovo art. 8 dello Statuto.


                                                         Enrico Altieri

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